Rodolfo Aricò nasce a Milano il 3 giugno 1930. Tra il 1946 e il 1950 frequenta il Liceo Artistico di Brera, dove segue le lezioni di Storia dell’arte di Guido Ballo, e fino al 1955 frequenta la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. La sua formazione accademica si arricchisce presto di un interesse per la filosofia, in particolare per la fenomenologia di Edmund Husserl, e per la pittura, che lo porta ad avvicinarsi inizialmente alla poetica di Wols e al lavoro di Arshile Gorky.
Nel 1958 conosce il gallerista Carlo Grossetti, che l’anno successivo presenta la sua prima mostra personale al Salone dell’Annunciata di Milano. Verso la fine degli anni Cinquanta Aricò pone l’azione pittorica al centro della propria opera, iniziando a focalizzarsi sulla geometria. Nel 1964 partecipa alla XXXII Biennale di Venezia, dove espone il Trittico dell’Esistenza. L’anno successivo partecipa alla IX Quadriennale di Roma, dove la sua opera Work in Progress: Le “simultanee forme” di Delaunay viene acquistata dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna. Nello stesso anno Roberto Sanesi gli dedica il volume Reperti: per uno studio sulla pittura di Rodolfo Aricò.
A partire dal 1966 Aricò intraprende una nuova fase di ricerca che vede la nascita di dipinti realizzati su telai sagomati. Nel 1967 la Galleria L’Attico di Roma gli dedica una mostra personale, con un testo in catalogo di Giulio Carlo Argan. L’anno successivo un’intera sezione della XXXIV Biennale di Venezia ospita i suoi lavori, opere di grandi dimensioni volte a creare uno spazio ambientale. Nel 1969 la Deson-Zaks Gallery di Chicago gli dedica la sua prima mostra personale fuori dall’Italia. Le opere degli anni Settanta sono realizzate con interventi di pittura a spruzzo stratificata che crea una superficie pittorica impalpabile tendente a una monocromia cangiante. Il lavoro di Aricò si concentra sulla reinterpretazione umanistica della storia dell’arte e sull’approfondimento della prospettiva come momento fondante dell’indagine pittorica. Nel 1971 ottiene l’incarico dell’insegnamento di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Nel 1974 Roberto Sanesi presenta una mostra antologica dell’artista al Centro Internazionale delle Arti e del Costume di Palazzo Grassi a Venezia. Nel 1978 espone Scena di Ravenna, opera monumentale in cui convergono pittura, scenografia e linguaggio architettonico, in una collettiva alla Pinacoteca comunale di Ravenna, mentre nel 1980 esplora la relazione tra architettura, pittura e mito in una mostra alla Casa del Mantegna di Mantova in cui espone la scenografica Scena di Mantova.
Negli anni Ottanta Aricò insegna Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera e le sue opere vengono esposte alla Biennale di Venezia del 1982 e del 1986, così come in mostre internazionali, tra cui Arte Italiana 1960-1982 alla Hayward Gallery di Londra nel 1982 e 1960/1985 Aspetti dell’arte italiana, organizzata a Francoforte nel 1986 e successivamente a Berlino, Hannover, Bregenz e Vienna. Nel 1983 Aricò espone opere recenti insieme a lavori degli anni 1967-1970 in una personale al PAC di Milano. Nel gennaio 1987 espone allo Studio Marconi di Milano quelle che egli stesso definisce “opere astrutturali”.
Negli anni Novanta inaugura una serie di mostre personali in cui si intensifica la relazione fisica con lo spazio inteso come dramma di una materialità in continua implosione ed esplosione: da Lorenzelli Arte nel 1993 e presso A Arte Studio Invernizzi di Milano nel 1997. La sua ricerca pittorica vede una frantumazione delle regolarità geometriche che avevano contraddistinto i decenni precedenti in favore di una sempre più articolata metamorfosi di sagomature e superfici. Nel 2001 la Galleria Spazio Annunciata di Milano presenta l’ultima personale dell’artista, che si spegne a Milano il 22 giugno 2002.