A partire dagli anni Sessanta, Rodolfo Aricò (1930-2002) crea tele sagomate che combinano un forte rigore geometrico a una sospesa ambiguità percettiva. Progettate applicando i principi dell’assonometria e caratterizzate da una monocromia solo apparente, le opere di Aricò indagano il confine “tra oggetto e immagine”, come scriveva Giulio Carlo Argan nel 1967. I dipinti di Aricò si pongono il problema dello spazio e della sua rappresentazione. L’artista ha più volte esplorato questo tema in opere e testi teorici che disegnavano una “linea dello spazio” comune a grandi protagonisti dell’arte quali Paolo Uccello, Velázquez, Rembrandt, Vermeer, Rothko. Come questi maestri anche il lavoro di Aricò si interroga su che cosa sia la pittura e rinnova le categorie tradizionali della storia dell’arte con opere che vivono tra pittura, scultura e architettura.
Nella stessa Milano di Aricò, Anna Castelli Ferrieri (1918-2006), direttrice artistica di Kartell dal 1976 al 1987, è figura femminile centrale di un rinnovamento legato al mondo dell’architettura e del design. Allieva di Giò Ponti, assistente di Franco Albini, partner di studio con Ignazio Gardella, Anna Ferrieri arriva da una famiglia di intellettuali e editori – celeberrimo il padre Enzo Ferrieri, inventore de Il Convegno. Sposa Giulio Castelli, visionario ingegnere chimico, con cui sviluppa Kartell dal 1949 agli anni Ottanta. La sua formazione tra arti la porta a concepire architetture, allestimenti e arredi che si pongono il problema di che cosa sia il progetto di design, a che cosa serva e a chi è destinato. L’utilizzo di forme geometriche semplici si combina alla ricerca sui materiali. Anna Castelli sfrutta la versatilità delle materie plastiche e sovverte idee, pregiudizi e comportamenti attorno all’oggetto di valore, dai barattoli agli uffici. La sua attitudine al pensare in modo complesso e umanistico la rende oggi una figura profondamente contemporanea proprio in relazione alla sua predisposizione all’intreccio delle discipline e alla capacità di sintesi che combina progettualità, controllo formale e emotività.
Questa mostra intende tessere una trama di rimandi e corrispondenze tra i lavori di due protagonisti accomunati da un’attenzione puntuale alla fase di progettazione delle proprie opere, tra i primi a Milano a sfidare con innovazione i limiti l’uno della pittura, l’altra dell'architettura e del pensiero sull'oggetto d'uso.